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Born to be young (maybe)

Sai zio, qualche giorno fa ho letto un libro molto interessante: “Ragazzo prodigio” di Gilberto Severini, regalo di g.

Per evitare spoiler, non ti racconterò la trama, ma mi limiterò a dirti che nel romanzo vengono presentati due modi diversi di vedere e affrontare la vita: sostanzialmente sperimentare o accontentarsi. Capire, cioè, chi siamo, fino in fondo, o accontentarci di quello che gli altri si aspettano da noi. L’eterno dilemma dell’essere o non essere, insomma. E la giovinezza è vista come l’opportunità di mettersi in gioco senza riserve, al di là dei risultati.

Ho iniziato a leggerlo subito, appena arrivato a casa perchè mi ha colpito la frase riportata nella quarta di copertina: “la giovinezza non è un dato anagrafico, ma una sorta di stato di grazia che alcuni non ricevono”. Quella frase ha fatto immediatamente centro. Colpito e affondato.

Tu sei mai stato giovane? Forse la mia domanda ti sembrerà stupida, ma, credimi, non è poi così scontata. Io dico sempre di essere nato vecchio e di aver intrapreso un lungo viaggio a ritroso. Non come Benjamin Button, però: io dentro ringiovanisco, ma fuori, ahimé, invecchio… Non ho ancora capito se ho già superato il punto di “coincidenza” tra il dentro e il fuori. Una cosa è certa, giovane non lo sono stato mai. Cioè… non ancora.

Trovo che la frase di Severini sia particolarmente adatta per i miei genitori. Loro sono dovuti crescere in fretta, hanno iniziato a lavorare molto presto e non hanno avuto il tempo per capire cosa volessero veramente per sé dalla vita. I ruoli e le tappe forzate imposte dalla società hanno fatto il resto, costringendoli a ripetere, senza pensarci troppo, uno schema millenario. Di cui anch’io, mio malgrado, sono un sottoprodotto.

Per quanto riguarda me, non credo mi sia stata preclusa la “grazia” della giovinezza. Penso, più semplicemente, di non aver avuto ancora l’opportunità (o il coraggio) di utilizzarla al meglio a mio vantaggio… Credo, però, che mi spetti e, magari, ormai sarebbe anche arrivato il momento di viverla! Meglio tardi che mai, no?

Il personaggio “intraprendente” del romanzo afferma che la giovinezza serve a sperimentare, per conoscere e conoscersi. E che non è possibile farlo se non ci si mette alla prova. Verissimo. Non ci giurerei, ma credo che sia proprio quello che, da circa due anni, cerca di farmi capire, con pazienza incrollabile, la mia igienista mentale. Sì, zio… una tua collega, non esserne geloso.

Mi ritengo fortunato a non sentirmi in dovere di seguire tappe precostituite. E’ l’enorme vantaggio del non riconoscersi nei modelli standard di riferimento. Almeno, in mezzo a tanto smarrimento e sofferenza, qualcosa di  buono…

Certo, i condizionamenti sono forti, almeno nel mio caso. Per anni ho lottato con me stesso, conteso dalle aspettative di chi mi stava intorno (“i miei tribunali”, nel romanzo) e da quella voce che ogni tanto (col tempo sempre meno) chiedeva attenzione e mi voleva portare altrove.

Chissà, forse quella voce era la mia giovinezza… L’ho ignorata per molto tempo e lei ha smesso di chiamarmi. Proprio ora che non mi sforzerei più di non sentire! Non mi resta che tenere aperte tutte le frequenze in attesa di quel segnale che, finalmente, sono pronto a seguire.

E pazienza se non sarà il dorato e tranquillizzante futuro che avevano sognato per me. La mia unica occasione non la vedo in nessun altro modo: sono nato per essere me stesso, non la realizzazione di attese che non mi appartengono.

Alzi la mano chi è stato giovane, almeno una volta.

c.

Ragazzo Prodigio

di Gilberto Severini

Editore Pequod

anno: 2005

157 pagine, brossura

€ 14,00

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