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Il “mio” Festival…

Il mio festival quest’anno è iniziato presto, fin da mercoledì sera. Arrivato in città mercoledì alle 20:35 per ripartire domenica alle 18:25!! La prima immagine? Due magliette blu, in bici, in via Pomponazzo, mentre cercavo un posto per andare all’evento con Boosta e Avoledo. Ho intravisto la coda: ok, siamo al festival.

E stando in coda, un nuovo elemento mi ha convinto che sì, l’edizione 2011, era iniziata: il mix di accenti. Bergamasco, bresciano, beneventano e veneto, romano e chissà da quale altro posto d’Italia. All’inizio del Festival mi sono limitato, con solo un evento il mercoledì ed uno giovedì (ah, grazie al cambio di posto per Gilberto Severini: entrare della sala di Manto, passando per le grate di S. Giorgio e sul ponte di legno, mi ha emozionato!).

Quello con Severini è stato un incontro importante: delicato ma corrosivo, “leggero” ma forte al tempo stesso, triste e sorridente insieme. Venerdì con la triade torinese (Pandiani, Gambarotta e Rosa Mogliasco), ad esempio, ho scoperto la Mogliasco, incredibile nella sua altezza, il cappello di paglia e il modo maestoso di camminare ma con una gentilezza e pacatezza nel parlare incredibili.

Poi dato che avevo un buco di 2 ore ho tentato conla “TranslationSlam”. Un’idea fantastica in un luogo sempre bello, reso ancora più magico dall’iniziativa di moleskine.

Ma il meglio doveva ancora arrivare: Ala Al Aswani, con una moderatrice forte e diretta come un treno ed un autore calmo, pacato… un “non violento”, poi di corsa a vedere la mia prima sorpresa forte del Festival: Manuele Fior. Incredibile vedere come ha distrutto 4 tappi di bottiglia, come fosse evidente il disagio con cui affrontava un pubblico che nemmeno lui pensava di avere ad un festival della “letteratura”. Non riesco a definire bene Manuele ma vederlo li, contorcersi mentre parlava, la mano nei capelli, le pause… mi hanno colpito.

E il venerdì è stato concluso con Carrisi all’Ariston. Bella la presentazione, un po’ troppo però Roberto Saviano del Sociale di tre anni fa. Immagini, musiche, perfino il look. Lui, sul palco, era più attore che scrittore (Luca Crovi è perfetto a fare da spalla, bravo anche con Boosta e Avoledo). Ci sono stati momenti di commozione (inaspettata per il tema), di allegria.

Mi sono preso un giorno defaticante, il sabato ma mi sono rifatto (e bene) la domenica.

I due colpi più forti, per me, dovevano ancora arrivare: Paco Roca con Fabio Geda dopo aver visto, al mattino, Salvatore Scibona. Credo che quello con Scibona sia stato l’evento che mi ha colpito di più. Il suo sforzo di parlare italiano, la disponibilità, quel rispondere “perché mi sento solo” alla domanda del perché scrive, detto con timidezza e cercando di sorridere mi resteranno dentro.

E poi Rosa e Geda. Beh, per una volta sono riuscito a capire un autore che non parlava italiano senza bisogno della traduzione (orgoglio personale) e poi un gesto, di Fabio che ho conosciuto l’anno scorso e che, come a volte accade, non è più “lo scrittore” ma un amico. Bene, ha fatto un gesto piccolo ma grandissimo. Nel firmarmi il suo primo libro, con un tocco della tratto, ha cancellato sotto il titolo il “Geda” di “scritto da Fabio Geda” e quel “Fabio” che è rimasto mi ha commosso. Così come la grazia e la cura con cui Roca impreziosiva veramente i propri fumetti con altrettanti disegni.

Ho concluso con quello che non ho ancora capito se avevo davanti un serial killer o il vicino di casa sorridente: Herman Kock: occhi azzurri, un sorriso accattivante ma parole dure come pietre.

Questa è la cronaca.

Ma ci sono altre cose accadute in questa 5 giorni di Festival. Ho incontrato una persona ad un evento e ci siamo ritrovati negli eventi successivi, scoprendo che negli anni passati avevamo visto molti autori in comune (perfino la piece di Andrea Renzi al Carbone tratta da “una solitudine molto rumorosa”) ed il gruppo aumentava, con l’arrivederci al prossimo anno. E poi ci sono alcune immagini mie: la gentilezza con cui Gilberto Severini (al quale ho dato una recensione di un libro fatto per il mio blog) ha chiesto “la posso leggere? Ah, me la lascia? E’ una copia per me? La ringrazio molto!”.

La signora vicino a me che aveva per le mani un libro sulla eleganza di Cesare Rimini e lei? Beh, cofana alla Moira Orfei, occhiale con le stanghette da saldatrice, alte 6/7 cm tutto tempestato di strass, lei che ha fatto sedere il nipote non davanti a sé ma dietro dicendo “e ascolta, con tutti i soldi che ho speso…” per leggere alla fine tutto il programma anziché Severini ed andarsene dopo poco (si, lei èla Miss Eleganza2011).

L’incontro con Cristina Cavina che non sapevo essere una scrittrice e alla fine io che le tenevo il posto, lei che è andata  a prendere l’acqua, lei che raccontava  del viaggio  “Aosta/Torino/Milano/Mantova”, hotel ABC e dai cinesi per un taglio e colore : )

I discorsi che si sentono in fila: i costi delle case in affitto, chi cerca una stanza, chi non sopporta l’umidità, chi si lamenta (giustamente) dei lavori sempre a tempo determinato…

La faccia sconsolata di una maglietta blu di servizio alla Chiesa di S. Vittoria, seduta sul gradino, alle 20.20 di venerdì, dicendo al mio “ma sei qui da oggi?” e lui “si, e ci devo stare domani, dopodomani… questo è il mio posto” (ma è “come” l’ha detto).

Il trovare sempre in giro qualcuno, così, liberamente per la città: da Paco Roca a Jacobson, Larsson, Latronico, e chissà quanti altri (dei quali, come per la Cavina) non conoscevo il viso.

Un rammarico? Non sono riuscito a vedere Lella Costa : ( ma tanto, la vedrò il prossimo anno (quest’anno credo che il suo concetto delle donne che leggono di più degli uomini si sia dimostrato più vero, ma solo per quest’anno).

Ed ecco una mia personale classifica, a mò di menù.

Il pranzo che ha comunque molte portate (e tanti sapori): un antipasto delicato e spiritoso (Boosta e le sue musiche e Avoledo con le battutine simpatiche (pure troppo), accompagnato da un vino  marchigiano da meditazione come Severini. Nel mezzo un tris di delicatessen (Fior, Roca, Geda), un secondo corposo con tanti sapori (Carrisi) e una leggera bagna cauda (Pandiani, Gambarotta e Mogliaso) e qualcosa di frizzante da bere come Crovi. Per finire il dolce Scibona. l’ammazzacaffè per forza Hock e…il piatto indigesto? Larsson (dopola  Translation Slam).

Alla prossima,

Gianni

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