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Intervista a Giorgio Ghibaudo, autore di “Kiss face”

Iniziamo con Giorgio Ghibaudo, autore di Kiss Face (recensito da c. e g.), una serie di incontri con scrittori le cui opere, per un verso o per l’altro, ci sono piaciute: o perché ci siamo rivisti, ci hanno commosso, fatto ricordare oppure perché, dentro, c’è un po’ di noi.

Partiamo con l’intervista…

Civico 53: Presentazione? Giorgio Ghibaudo che come dice la quarta di copertina si divide fra Torino, Venaria Reale e Cafasse…

Giorgio Ghibaudo: La mia era solo una boutade. Parto dal fatto che dalla quarta di copertina di tutti i romanzi, si apprende che gli autori non vivono MAI in una sola città. Sembra che per poter scrivere un libro sia necessario essere apolidi. Le frasi che normalmente si colgono sono del tipo “vive tra Milano, Londra e Bangkok” oppure “si divide tra Roma, Los Angeles e Melbourne”. Ovviamente non volevo essere da meno. Purtroppo io “mi divido” solo tra Torino e Venaria Reale ma per creare una perfetta triangolazione geografica occorreva un terzo punto sulla cartina e ho scelto una città vicina alle due citate. Un bel triangolo equilatero, o quasi… Ero inizialmente tentato di scrivere New York, ma riprodurre alla perfezione durante le interviste e le presentazioni l’accento upper class di Manhattan, sarebbe stato un vero strazio…

C53: Da quanto tempo covavi l’idea di scrivere un libro? E una volta scritto, quanto sbattimento hai dovuto mandare giù per trovare una casa editrice che lo pubblicasse?

G.G.: Il libro era pronto da più di un anno e fortunatamente non ho faticato moltissimo per la pubblicazione.

C53: E’ normale e banale pensare che lo scrittore sia sempre l’io narrante ma cosa c’è di vero, quanto c’è di autobiografico?

G.G.: Sì, è normalissimo pensarlo. Molte volte durante le presentazioni le domande iniziavano in questo modo: “in quel capitolo in cui tu e Francesca andate in montagna…” oppure “ma quando tu, nella vita reale, ti sei trovato nella stessa situazione in cui si è trovato Paolo…” NO!!! Io non sono Paolo e nella mia vita non c’è nessuna Francesca. L’unica cosa che abbiamo vissuto in comune io e Paolo è la festa di fine estate che viene narrata (con esiti peraltro diversi).

C53: Ci sono state delle difficoltà nel presentarlo per la prima volta? Aspettative d’aver un “folto pubblico”, il silenzio prima della fatidica prima domande, c’è stato? Ed il tuo stato d’animo? E mentre aspettavi quel “coraggioso” che prende la parola, in quel momento cosa ti passa per la testa?

G.G.: Ovviamente un’ansia da “prima volta” c’era e anche forte. Normalmente non ho aspettative su nulla: il tempo delle aspettative è finito. Dalle presentazioni che ho fatto (e che continuo a fare) per Arcigay Torino, nelle quali ero io a presentare libri a tematica LGBT di altri autori, ho imparato che raramente il pubblico fa domande e la stessa cosa si verifica ovviamente anche quando presento Kiss Face. Si parte con le buone intenzioni, gente che ha letto il tuo libro e che ti scrive via e mail annunciandoti “domani alla presentazione di Kiss Face tieniti pronto perché ti farò un sacco di domande…” e poi non succede nulla… Un classico!

C53: Il romanzo scorre bene anche se in effetti vengono usati spesso degli stereotipi. Certo, lo stereotipo può aver fatto conoscere ai lettori un mondo che esiste ma nello stesso tempo, non può aver fatto storcere il naso e dire “uff, sempre così siamo?” e quindi, secondo te, “noi” come siamo?

G.G.: Evviva! Non vedevo l’ora che si arrivasse a questa domanda. Ti posso dire che già dalla prima presentazione mi è stata mossa questa critica. Ovviamente ti riferisci a quel capitolo in cui si assiste alla preparazione del party per il matrimonio di Francesca organizzato da un gruppo di suoi amici per ognuno dei quali è stato coniato un nomignolo molto spesso ironico, a volte perfido e comunque sempre “virato” al femminile (La Seta, Dedè, Esther, ecc…). E sentendo questi commenti mi sono detto: “Cavolo, come sono stato banale a incappare negli stereotipi triti e ritriti sui gay che si danno vicendevolmente della ‘pazza’!” Da allora ho però cominciato ad ascoltare con attenzione dialoghi tra amici e conoscenti gay durante occasioni informali e sai cosa ti dico? C’è un REVIVAL vero e proprio! Ed è di nuovo tutto un fiorire di “Principessa”, “Jennifer”, “La Sciura”, “Shakira”, ecc… tanto che ho deciso di registrare di nascosto queste conversazioni e di farle riascoltare agli scettici durante le prossime presentazioni di Kiss Face. È un’idea, no?

Un altro stereotipo, presente nella figura del commesso Nick, è quella del fashion victim, persone che filtrano la realtà attraverso i dettami della moda e sono sempre pronte a fare un dettagliato elenco dei capi griffati che stanno indossando in quel momento. Anche per questo personaggio le critiche non sono mancate. Ora ti dimostro che gente come Nick esiste. Anni fa, d’inverno, ero a casa di un mio amico con altri invitati. Quando fu il momento di andare via uno dei presenti indossò il proprio cappotto: color grigio-blu, lungo fino ai piedi, trapuntato in orizzontale, stretto in vita, spalle imbottite, cappuccio: molto genere minimal-marziale-nipponico. Il mio amico si permette di dirgli: “Bello il tuo cappotto! Sembra quasi una divisa da Kendo (l’arte marziale giapponese)”. L’altro, indispettito, risponde: “Ma no! Non è un Kenzo! È un Dolce&Gabbana, non vedi?!” Comunque per rispondere alla tua domanda, “noi possiamo essere anche così… ma anche no… Non è una regola.”

C53: Invece per la stesura, segui una traccia o la storia va da sé una volta che hai il plot iniziale? O può essere pure che tu abbia uno schema tuo ben chiaro o prenda da chi vedi, frequenti, dalle voci che senti in autobus o per strada per trasformarla in un’idea, una “scena” non prevista?

G.G.: Io sono una persona decisamente disordinata, dunque se non ho uno schema da seguire, mi perdo. Ovviamente se nel corso della stesura capita che mi vengano altre idee, non faccio resistenza…

C53: Il titolo: difficoltà nel trovarlo? Qual è stata l’idea di partenza?

G.G: Il titolo fu una piccola battaglia. Io avevo pensato a ‘Francesca era bellissima’ ovvero le prime tre parole del libro. Titolo che rappresenta bene la prima immagine dalla quale era partita l’idea del romanzo. Infatti ero da poco stato al matrimonio di una mia amica (Stefania) e un pomeriggio, ripensando alle immagini di lei col vestito da sposa, mi venne in mente questa frase: Stefania era bellissima il giorno del suo matrimonio. E da lì nacque tutto il romanzo anche perché mi domandai: chi può aver detto una frase di questo tipo? Chi è? In che rapporti è con la sposa? Perché dice quella frase? Come si sono conosciuti? Quando? Dove? Come si è sviluppato il loro rapporto nel tempo? Dunque per me era doveroso dare quel titolo al romanzo.

Invece Gianluca Polastri (autore, tra gli altri, di In viaggio con Martha e curatore dell’antologia Turin Tales) il primo a leggere in modo professionale il mio romanzo e a farmi da editor, disse giustamente che il titolo non andava bene perché non dava l’idea del tono del libro: “perché Francesca ‘era’ bellissima? si chiederà il lettore. Ora non lo è più? È diventata brutta? È morta? Cosa le è successo?, ecc…” E allora mi propose due titoli che mi piacquero talmente poco che li dimenticai subito. Per fortuna in quei giorni andai a Praga dove conobbi un certo Antonio (peraltro citato nelle dediche) che parlandomi di un suo ex molto insistente e persuasivo, mi disse che costui era solito, per convincerlo ad accontentarlo in ogni situazione, a fargli delle kiss faces… “Cosa sono le kiss faces?!” domandai io pensando subito a delle pratiche esotiche al limite della legalità. E mi spiegò che le kiss faces sono delle espressioni del viso atte ad arruffianarsi il prossimo (vedi stralcio dal vocabolario all’inizio del romanzo,peraltro totalmente inventato). Quando tornai in Italia imposi a Gianluca quel titolo anche perché mi accorsi che il personaggio di Francesca era una vera campionessa delle kiss faces.

C53: I limiti di una casa editrice minore si sentono per quanto riguarda la difficoltà per reperirlo, quindi gioca il passaparola: è lo scotto da pagare per l’esordio?

G.G.: Esatto. Speriamo che il tam-tam-gay-urbano funzioni come al solito

C53: Il tuo primo autografo?

G.G.: Ho rimosso.

C53: Il tuo primo lettore?

G.G.: Il mio quinto psicoanalista in ordine di tempo.

C53: Ci sarà un seguito?

G.G.: No, ma è pronto lo spin of in cui Francesca e Paolo non ci sono ma in cui uno dei personaggi principali è il transgender Flora che acuisce di molto, rispetto a Kiss Face, le sue capacità medianiche.

C53: Quanto hai dovuto “sudare”, dall’idea iniziale dello scrivere fino a vedere il libro in vetrina. Tutto questo tempo, che tempo è stato? Da dove è stato preso? Ritagliato dal lavoro, dallo sport, dall’impegno con l’Arcigay? O è stato un tempo “notturno”?

G.G.: Principalmente tempo notturno. Chi ha detto che l’insonnia sia sempre una cosa negativa?

C53: Ed alla fine, con Kiss Face in mano, cos’hai provato?

G.G.: Preso come al solito dall’emozione e dall’entusiasmo per qualsiasi cosa mi accada, ho detto: “Oh, ecco Kiss Face!”

g. & c.

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Titolo: Kiss face

Autore: Giorgio Ghibaudo

Editore: Lineadaria (2011)

Brossura: 96 pagine

ISBN: 978-8895734699

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