Grazie a un bel post sul coming out (www.vogliosposaretizianoferro.it) ho deciso di raccontare come l’ho detto ai miei genitori. Perchè non è mai troppo tardi…NON È MAI TROPPO… TARDI, DAVVERO!
Ecco il pezzo che ho scritto e postato come commento sul blog del sito.
Iniziooooooo:
Anche io vorrei raccontare il mio coming out, forse tardivo ma decisivo per come mi sono sentitodopo.
18.10.2010
A quel tempo avevo la tenera età di 47 anni, con le illusioni di un adolescente e soprattutto un’idea: quella di dire ai miei che sono gay. La soluzione migliore si allontanava sempre più. Avevo in mente di dirlo nel momento in cui sarei stato felice in coppia, una cosa tipo “non c’è nulla di male, voglio bene ad una persona e questa persona è un uomo” . Un po’ per evitare lo stereotipo: gay = solitudine o altre cose simili, specie legate al passare del tempo. L’ho fatto invece per il motivo opposto.
Da alcuni tempi la frequentazione con una persona che io chiamavo “relazione” non era più quella omeglio, come a volte accade, si è modificata, siamo cambiati noi (tanto che da allora io e lui ci frequentiamo con più “leggerezza”, allegria, senza quella cupezza di una relazione frutto davvero di due che si sono incontrati, avevano dei punti, moltissimi punti in comune e quindi, perché non mettersi insieme?) e io iniziavo a sentirne sempre di più il peso, con il risultato che a casa ero un vegetale: divano, silenzi, pianti soffocati perché non avevo né uno spazio né qualcuno con cui sfogarmi od urlare…
Il mio uscire fuori con il mondo era avvenuto 8 anni prima, il 18 aprile (il 18 torna… cabalisti, dove siete?).
Mamma aveva superato una leucemia iniziata nel 2001, papà nello stesso anno ha avuto un infarto con tanto di elisoccorso. Non ho fratelli, ho tirato per quel periodo (agosto 2001 – aprile 2002), tanto da non sapere che film sono usciti, che libri, che musica (se non Tiziano Ferro, trasmesso dalla radio che mi portava da casa all’ospedale di Parma, tutti i giorni), alla fine mi sono detto: “Beh, ora cerchiamo di “affrontare” ciò che rimando” e così via, a chiamare un Arci (quello di Modena, telefono sbattuto in faccia) e poi un altro che invece mi ha accolto (quello di Reggio Emilia (grazie Claudio) per poi “liberarmi” in quello di Cremona, grazie Emy e grazie Lorenza)).
Lo so, è normale sapere o intuire che i tuoi hanno sempre saputo: mai una ragazza, gli amici e le vacanze solo con maschi (in più il contesto è quello di un paese di 3000 persone dove fino al momento della patente non hai nessun tipo di possibilità di vedere realtà più grandi) ma dirlo è diverso. Non è che poi torni indietro dicendo “Mah, scherzavo”.
Sulla strada sono capitati due film, alla fine due documentari che mi hanno spinto a parlare… Oddio, già “Le fate ignoranti” avevano fatto molto, da li la voglia di dirlo, almeno a qualche amico o amica ma da dire al fare sono passati 3 anni e il 04.04.2004 (Cabalista? Helppppp) sul TGV Milano/Parigi (in viaggio per Parigi, da un amico che compiva 40 anni ed invitava 40 persone…) l’ho detto a Lory, da allora, “la fata”. Vero anche che c’è chi, quando l’ha saputo, si è premurato di sapere che tipo si vita sessuale avessi avuto fino al 2002 e soprattutto un classicone “ma sei attivo o passivo?
Ma “Improvvisamente l’inverno scorso…” (obbligo di proiezione nelle scuole) di Luca Ragazzi e Gustav Hofer e un paio d’anni dopo “Due volte genitori” di Claudio Cipelletti hanno fatto il resto. Il primo per aver dimostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, quanta ignoranza (e quindi paura… o forse il contrario) c’è in giro; il secondo per le parole del regista, incontrato alla presentazione del documentario: “non abbiate il rimorso di non averlo detto! Loro lo sanno, vi vorranno sempre bene, sarete solo più trasparenti e completi”.
E veniamo al 18.10.10, giorno della sagra per il patrono del mio paese.
Fin dalle scuole medie sono sempre tornato a casa a pranzo e quindi ho pensato di dirlo in quell’occasione (un po’ “Mine Vaganti” che poi ho fatto loro vedere). Papà da tempo, al mattino, l’unico momento, verso le 6, in cui potevamo parlare io e lui (abbiamo una situazione difficile a casa) chiedeva cos’avessi, perché ero così, dicendo che “qualsiasi cosa sia, dilla, sei sempre nostro figlio” ed io “non adesso, caso mai oggi!”. E così è stato.
Ricordo tutto: appena a casa in bagno, doccia, musica, non so perché ma un’occhiata alla radio e mi sono detto: “Vai!!”
Dopo il “ricco” pranzo della sagra paesana ho preso la parola iniziando col dire che “…dato che stamattina papà ha chiesto cos’ho in questi giorni, bene… eccomi…”.
Così ho fatto la prima premessa (non sono ammalato e non è una malattia), la seconda (non è una cosa che scegli o meno), la terza (quasi fossi un gremlin con le tre regole), che è stata sul fatto che mi sarebbe piaciuto comunicarlo nella circostanza opposta. Poi sono andato di “non vuol dire che si invecchia da soli, pensate alle coppie che si separano o che semplicemente non si sposato”, che “non avrei voluto che foste venuti a saperlo da altri” e che così eravamo davvero completi.
Mamma ha fatto una domanda classica (perché non l’hai detto prima) aggiungendo che pensava che la casa che stavo costruendo fosse stata per andare ad abitarci insieme al mio “amico”. Papà, in genere il meno espansivo, si è alzato da tavola, mi ha abbracciato e baciato e detto che “te set semper noster fiol” e la mattina dopo, nel nostro momento “intimo” mi ha di nuovo abbracciato ripetendo che non c’era nulla di cui preoccuparsi e che non era cambiato nulla.
Non so cosa ho pensato dopo, nei giorni successivi o come abbiano vissuto da allora in poi le mie amicizie e i miei viaggi a Parigi o a Roma. Certo so come mi sono sentito io: sereno e leggero. A postocon me stesso e il mondo.
In questi due anni altre persone mi hanno chiesto un paio di dvd di “Due Volte Genitori” per darli a qualcuno che in paese era nella stessa situazione; recentemente ha voluto una copia di “Kiss Face” perché rappresenta bene, con toni leggeri, un percorso di formazione o meglio, dalla paura del “lo verranno a sapere e che diranno?” all’attaccare chi prendeva in giro con battute e luoghi comuni gli omosessuali.
Non so se sia stata fatta molta strada o meno. In questi giorni però ero giù e la prima cosa che papà mi ha chiesto è stata “hai avuto da dire con… “ (il mio “Amico”) per cui credo davvero che qualcosa sia cambiato!
A questo punto partono i ringraziamenti: ai miei, soprattutto!
Poi a Cristiano.
Poi ad Emy, Lorenza, Claudio, Antonio, Enrico, Matteo, Raffaele, Lory, Gustav e Luca, Claudio Cipelletti, Ferzan.
E poi a… tutti quelli che ho incontrato sulla mia strada e che per uno strano caso o che hanno incontrato me e abbiamo camminato, poco o tanto insieme: Paola e Mauro, Alle e Wilma, Massimiliano, Sara, Christopher, Elias, Andrea M., Luca P., Simona R., Jack, la Chizzo, Nicola G., Betta, Eu, Lauro, Glauco, Mario, Manuel, Parigi (Gianluca, Gianni, Marc, Gregory), Neftali, Gustavo, Sudepp, Laura, Cinzia, Giorgio G., Sandra e Antonio, il Comparetto e la sua famiglia, Roberto P., Marco M., Sebastiano, Jean, Max (BS), Stefano (An), Francesco A., Valerio F. Simone L. Simone Z., Alex, quelli che “si si, ci vediamo, ci sentiamo” e sono spariti alla prima chat, agli amici storici e a quelli che verranno…
giannolo, 29.11.2012
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